Il prelogismo di Lucien Lévy-Bruhl: critiche e controcritiche

Il Lévy-Bruhl nei Carnets scrive: « Si deve evitare di porsi sul piano logico o erkenntnistheoretisch. Si tratta di evoluzione, di storia, di psicologia sociologica. » Con questo egli vuol dire che se noi tentiamo di spiegare la mentalità primitiva in base alla logica formalistica e alle categorie aristoteliche, noi ci mettiamo decisamente su di una falsa strada, e ci sfugge proprio l'essenziale del fenomeno che noi desideriamo cogliere nella sua essenza. Ricorreremmo infatti in tal caso ad un terzo elemento mitico, spiegazione illusoria di tanti problemi insoluti: la Ragione. Il concetto della Ragione rappresenta la quintessenza della nostra particolare storica Einstellung, quella del razionalismo occidentale, quando venga interpretata in modo ristretto ed esclusivo, e quando per essa si voglia a priori escludere un possibile allargamento di orizzonti. Per quanto riguarda lo studio del mondo primitivo è questa la fonte principale dell'errore intellettualistico.

Lucien Lévy-Bruhl tentò coraggiosamente di mettersi su di una nuova via e volle indagare lo spirito primitivo cercandone di cogliere la peculiarità al di fuori degli schemi del razionalismo astratto del XIX secolo. La sua teoria, universalmente nota, sostiene che il sistema di pensiero dei primitivi è regolato da norme logiche diverse da quelle che governano i nostri processi mentali. Non è il principio di identità ma quello di partecipazione che presiede alla formazione della conoscenza dei primitivi, in quanto essi non si distinguono nettamente come soggetti dall'ambiente oggettivo, ma vi partecipano, così che i confini delle loro individualità singole si confondono con quelli delle cose e dei luoghi nei quali vivono. Il loro modo di conoscere ha quindi un carattere tutto diverso dal nostro, che si fonda sopra una netta distinzione di soggetto ed oggetto della conoscenza e sopra la salda determinazione dei due termini in base al principio aristotelico dell'identità e non contraddizione. La realtà dei primitivi sarebbe una realtà sui generis, simile a quella che concepiscono gli alienati, tutta carica di elementi soggettivi e di potenziale magico. Questa è in breve l'idea fondamentale del prelogismo di L.-B., della quale ci occuperemo più a fondo parlando in particolare della psicologia dei primitivi popoli di natura. Contro questa tesi si vennero formulando da ogni parte aspre critiche, tanto che l'autore, negli ultimi anni della sua vita, fu indotto a modificare in parte le sue posizioni iniziali. In sostanza le accuse principali furono due, l'una mossa dal pensiero intellettualistico e l'altra da quello storicistico.

L'intellettualismo oppose al L.-B. che la ragione umana non può che essere concepita come identica in tutte le età e le epoche della storia dell'uomo, ché altrimenti non si tratterebbe più della ragione umana. Lo storicismo oppose al prelogismo che il concepire nei primitivi una mentalità del tutto eterogenea della nostra significava scavare un abisso tra noi e loro, il quale renderebbe impossibile concepire un'unità di evoluzione storica tra noi moderni e i nostri progenitori. Queste obbiezioni sono tutte e due giuste, ma nello stesso tempo superabili. Agli intellettualisti si può dire che se la ragione umana è sempre una e identica nella sua struttura logica, tale non è per quanto riguarda il prevalere di taluni suoi aspetti sugli altri in date epoche; e che in ogni caso essa non è tale quale gli intellettualisti ce la descrivono, bensì più ampia e concreta, tale cioè da includere in sé anche il momento prelogico, quale suo momento categorico, logicamente articolato cogli altri suoi distinti momenti. Ciò posto, anche la risposta agli storicisti ne deriva implicitamente. La mentalità chiamata impropriamente prelogica è caratteristica dell'uomo ad una data epoca della sua storia spirituale, ma non esaurisce le sue possibilità mentali. Essa si presenta come il soddisfacimento di determinate esigenze poste allo spirito dalla vita primitiva, e crea a questo scopo degli appositi istituti, che son tra gli altri quelli del mondo magico, ma non esclude affatto il pensiero determinato, che si fonda sulla determinazione dell'oggetto e del soggetto, ed è governato dal principio di identità, ma si accompagna ad esso nella psiche primitiva. Abbiamo così una continuità storica tra lo spirito primitivo e quello moderno, in quanto l'oggetto di questa storia, lo spirito umano, è sempre il protagonista, ed è identico a se stesso nella sua struttura logica e solo storicamente differenziato nel prevalere di un suo aspetto sugli altri, in funzione dei particolari problemi che deve risolvere.

Queste ultime considerazioni ci permettono ora di rispondere al quesito che ci eravamo posti, se esista un metodo valido per formulare una interpretazione sintetica del mondo primitivo. Questo metodo esiste ed è quello storico. Ogni fenomeno culturale si rende a noi comprensibile nella sua essenza quando sia interpretabile e sia interpretato come una concreta soluzione di un problema posto alla storia dallo spirito. Il mondo primitivo nel suo aspetto prelogico, ad esempio, si rende a noi comprensibile quando lo interpretiamo, seguendo De Martino, come mondo magico, insieme di istituti creati dallo spirito per assolvere a determinati compiti di difesa e garanzia della personalità labile del primitivo.

Il metodo storico dunque rappresenta secondo noi il minimo comun denominatore metodologico, che può creare una comune piattaforma alle varie specialità che si occupano del mondo primitivo. Ogni fenomeno analizzato nell'ambito di una data specialità scientifica può diventare un documento valido per le altre, contribuendo così a creare una sintesi dei diversi punti di vista, quando sia storicamente interpretabile quale una concreta soluzione di un problema vitale che lo spirito umano abbia dovuto, ad un certo momento della sua vicenda, risolvere per affermarsi nel mondo.

Il minimo comun denominatore che noi cerchiamo è il valore storico e documentario dei fenomeni registrati e analizzati dalle diverse specialità, e il metodo storicistico è quindi l'unico che ci possa guidare nella ricerca che ci siamo posti.

Se noi accettiamo la tesi crociana secondo la quale la vera storiografia è data solo dal pensare e rivivere il passato quale documento che s'invera in noi, per rispondere ad un quesito che ci poniamo e che dev'essere un quesito per noi vitale, un necessario chiarimento della nostra situazione esistenziale presente, allora nasce per noi l'obbligo di rivivere, nel caso che c'interessa, l'esperienza, dei primitivi, come nostra personale esperienza, dobbiamo accettare come nostri quei problemi che caratterizzarono il loro mondo. Questo è perfettamente possibile, perché i problemi che angustiarono i nostri lontani progenitori e che angustiano tuttora i viventi « popoli di natura », sono dei problemi universali, problemi della vita e della morte, che non ci sono affatto estranei, anche se si formulano ora in termini molto diversi. Essi diedero luogo alla costituzione di istituti, di carattere magico, religioso, sociale, giuridico, estetico ecc. il cui studio spesso ci fornisce il mezzo di comprendere meglio e più profondamente la vera ragione di tanti nostri moderni istituti, apparentemente indirizzati a scopi del tutto differenti. Questa è del resto la giustificazione di ogni storia: la più profonda conoscenza di noi stessi, attraverso la conoscenza dei fatti umani che ci hanno condotto a questo punto, ché altrimenti la pura raccolta materiale di notizie sarebbe un gioco senza senso.


Carlo Tullio-Altan, Lo spirito religioso del mondo primitivo, Il Saggiatore, 1960, pp. 66-69 [ho omesso le note; sottolineature mie]

Commenti