La mentalità economica primitiva: il concetto di "prestazione totale"

Non vi è [...] una sola economia primitiva, come non vi è una sola economia moderna, ma diverse, a seconda del prevalere dell'elemento magico e religioso. Sotto questo profilo, noi possiamo accettare le tesi di Mauss e di Malinowski come valide per le società che essi descrivono, ma non per tutto il mondo primitivo. Certo è però che i caratteri, che essi mettono  in luce, e per i quali l'economia dei Trobriandesi per esempio è tanto diversa dalla nostra, sono in maggior o minor misura presenti nel mondo primitivo, tanto da poterli prendere come campioni e servircene a scopo indicativo.

«Il guadagno non è mai lo stimolo del lavoro. Si lavora solo perché i costumi della tribù lo esigono.»1. Questo spiega i pessimi risultati che si ottengono quando si tenti di far lavorare i negri per interesse; essi si dimostrano di una grande pigrizia, perché  questo stimolo ha per essi un valore ben minore che non per noi. D'altro canto è nota la capacità lavorativa del Bantu, agricoltore attivissimo, quando lavora al servizio del suo gruppo sociale. L'individualità del primitivo si stacca assai meno della nostra dalla totalità del suo gruppo sociale, per cui egli sente, attraverso l'imperativo del costume, una maggior spinta a lavorare per esso che non per se stesso.  Il suo interesse è in realtà quello del gruppo, dove ognuno è tenuto alla collaborazione ed alla mutua assistenza, come alla cosa più naturale di questo mondo.

Un altro carattere particolare della mentalità economica primitiva è il diverso modo di concepire il dono. Questo non è concepito come un atto gratuito ed eccezionale, essenzialmente antieconomico, ma come la prassi di scambio la più normale, che prende decisamente il passo sullo scambio di natura meramente economica (il quale non manca di certo nemmeno nella società primitiva). Attraverso il dono si istituisce un rapporto di partecipazione tra il donatore e il donatario, rapporto che viene alimentato attraverso la restituzione moralmente obbligatoria del dono medesimo, per cui si stabilisce una corrente tra gli uomini, una corrente di mana, attraverso la quale essi mutuamente si corroborano. Lo scambio commerciale assume quindi forme che noi giudicheremmo del tutto antieconomiche, come quelle cui accenneremo del commercio kula, ed il valore degli oggetti di scambio è spesso un puro valore rituale o magico e quindi per nulla economico, nel senso che assegnamo a questo aggettivo. D'altro canto sussiste, accanto alla forma di commercio rituale, il kula dei Trobriandesi, una forma di commercio nel senso moderno, il gimwali, che si affianca, in sott'ordine, come una necessità tollerata. Questa forma di commercio si lega al concetto di individualità economica che, pur essendo meno definito e consolidato intellettualmente del nostro, non può non esser presente, almeno in embrione, in ogni essere umano.

Esaminiamo ora, al lume di questi princìpi generali, le forme caratteristiche di scambio, proprie dei popoli primitivi. Mauss, nel suo classico studio  Essai sur le don2, ci dà una descrizione di queste forme, che egli indica col nome di prestazioni totali. I beni scambiati nella prestazione totale, i taonga, presso i Maori, non hanno un esclusivo valore economico, ma sono quei beni, anche economici, i quali fanno qualcuno ricco, potente, influente, e cioè «tesori, talismani, blasoni, stuoie, idoli sacri, certe volte le tradizioni, i culti e i rituali magici». L'obbligatorietà di restituire il taonga ricevuto in dono risiede nel fatto che esso fa parte della personalità magica del proprietario originario e partecipa della forza mana di cui la sua potenza si concreta. Come tale, è un veicolo di questa forza, che con esso si trasmette dal donatore al donatario. Questa forza è chiamata dai Neozelandesi hau, «che non è il vento che soffia», ma l'essenza di potenza che inerisce al dono, e che deve ritornare al donatore, sotto forma di un regalo corrispondente o maggiore, nel qual caso si crea un nuovo obbligo di restituzione. L'essenza dell'obbligazione sta nel fatto che la cosa data non è inerte, ma pericolosamente attiva, e ciò che la rende tale, l'hau, per essere utile al donatario, deve essere restituito, tornare, in altre parole, al donatore, legando così questo a quello con un vincolo di carattere magico, nel quale entrambi trovano la loro convenienza, non di carattere meramente economico, ma di carattere magico, convenienza che consiste in un reciproco rafforzamento. L'inadempienza porterebbe a gravi conseguenze per il donatario: malattie, disgrazie, miseria, morte, e sotto questa minaccia egli non si sente di non adempiere alla sua obbligazione. Questo è ciò che Mauss chiama l'istituto della prestazione totale.

Questo genere di scambio non è solo un fenomeno etnografico, ma rivela le sue tracce anche nella storia antica. Nel Medio Oriente, come risulta dalle lettere di Tell El-Amarna, databili intorno al 1440 a. C., il sistema normale di scambio tra principi e faraoni è un sistema di scambio di doni, che venivano richiesti, restituiti, e, se insufficienti, protestati3.

La prestazione totale non implica solo l'obbligo della restituzione, ma anche quello di fare il dono e di accettarlo. La mancanza di un dono, che deve esser fatto in date circostanze, o il rifiuto di ospitalità, di dividere il cibo, è motivo di una dichiarazione di guerra, come lo è il rifiutarsi di accettare l'offerta del dono, dell'ospitalità, ecc. Una complicatissima serie di diritti e doveri, inerenti all'istituto della prestazione totale, lega pertanto i membri della tribù, in una stretta rete di simmetriche obbligazioni, attraverso le quali si attua una vera e propria comunione generale del gruppo, e dei singoli gruppi tra di loro, che manifesta, giuridicamente, una sorte di proprietà collettiva.

[...]

In questo istituto [della prestazione totale] convivono e si fondono due diverse visioni del mondo, l'una legata alla realtà razionale ed economica, alla proprietà individuale, e l'altra alla cosmicità, che Lévy-Bruhl chiama mistica, ed alla partecipazione di tutte le cose. Così le cose singole, nel trasferirsi obbligatoriamente dall'uno all'altro dei titolari dei diritti giuridici di proprietà, ricostruiscono, nel loro moto costante, quella unità primordiale, che si è frantumata nella collettività degli individui giuridicamente qualificati.

Il commercio rituale tra i diversi gruppi umani non ha un carattere differente. Così appare dalla descrizione di Malinowski sul commercio kula dei Trobriandesi4. Queste popolazioni organizzano pericolose traversate e costose spedizioni, per recare ad altri gruppi umani delle merci di nessun valore economico, degli oggetti stereotipati, il cui solo scopo è quello di venir scambiati, e che non sono trattenuti, da chi li riceve, se non per poterli dare ad altri. La circolazione dei vaygu'a, i beni del commercio kula, è costante e infallibile, ritmata secondo la tradizione, in modo che essi non restino né troppo a lungo, né troppo poco tempo presso un medesimo gruppo. Questi detengono il vaygu'a come oggetto in proprietà, possesso, pegno, cosa affittata, depositata, data in mandato e in fedecommesso, complessivamente5.

Il commercio rituale tra gruppi ha un rilievo maggiore di quello tra individui di uno stesso gruppo. Il senso di solidarietà primordiale, per il quale ognuno partecipa automaticamente del cibo degli altri e l'aiuto è prestato come una cosa necessaria, fa sì che queste prestazioni non assumano la vera forma del dare e del ricevere, ma siano solo un modo di essere naturale del gruppo. Lo scambio nell'ambito del gruppo prende maggior consistenza, in ragione dell'emergere di individualità marcate, di notabili, di cui si forma una classe aristocratica. Allora avviene tra questi una forma di scambio rituale, cui si è dato il nome di potlach, dal nome che esso ha presso gl'Indiani dell'America del Nord, le tribù del Nord-Ovest, nella Columbia Britannica, e che si pratica anche presso altri popoli, nella Melanesia ed altrove.

Il potlach è il mezzo per il quale i notabili conquistano e conservano, per loro personalmente e per la loro famiglia o clan, una data posizione sociale ed internazionale preminente. La capacità a dare dei potlach, e cioè ad offrire dei festeggiamenti e dei donativi ingentissimi ai parenti, amici, stranieri delle tribù vicine e lontane, costituisce la misura dell'importanza, credito, onore e potenza magica e sociale di un dato individuo o gruppo. L'ammontare del valore di un potlach, anche in cifre attuali, è enorme, presso le tribù del N.-O. Per esempio: 9000 coperte di lana a 4 dollari l'una, 50 canotti, 6000 coperte a bottoni, 260 braccialetti d'argento, 60 d'oro, 70 paia d'orecchini d'oro, 40 macchine da cucire, 25 fonografi e 50 maschere6. Il simbolo che acquista prestigio attraverso l'esercizio del potlach è quello del blasone di rame del singolo individuo o gruppo, clan, simbolo che diventa lui stesso possibile oggetto di scambio, in ragione del suo altissimo valore, e che riceve una forma di culto.

Nel potlach i beni non sono solo scambiati, ma anche distrutti in onore di coloro cui il potlach è dedicato, e degli spiriti e divinità, onde provocare da parte di questi una congrua restituzione di beni materiali e simbolici. La distruzione è qui un'offerta, che ha per scopo l'aumento della ricchezza nell'offerente: la proprietà si abolisce, in nome di un principio cosmico unitario, proprio allo scopo di ricostituirla più grande e garantita.

L'obbligo impone di restituire il potlach con un interesse annuo che va dal 30 al 100% del suo ammontare, in una gara sempre crescente di ricchezza. In certi casi è obbligo di dare tutto quello che si possiede, senza più nulla coonservare.

Il potlach è un fenomeno totale, che comprende un aspetto giuridico, religioso, mitologico, sciamanistico, e nello stesso tempo è una festività di carattere sociale con elementi artistici. Alla sua radice sta il principio della prestazione totale, solo che in questo caso è fortemente accentuato l'aspetto agonistico, allo scopo di determinare la gerarchia dei valori sociali ed internazionali, così che può essere inteso come una vera e propria guerra pacifica, che ci richiama alla mente la coesistenza competitiva tra Russia ed America attuali! Il non poter assolvere agli impegni derivanti dal potlach comporta la totale perdita della faccia, del rango sociale, la potenza politica e magica, e la riduzione in schiavitù per debiti.

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1. Van der Leeuw, L'homme primitif et la religion, Paris 1940, p. 66.
2. Mauss, Essai sur le don, forme archaïque de l'echange, in «Année Sociol. N.S.I.» 1925, e in «Sociologie et Anthropologie», Paris 1950, testo cui si riferiscono i rimandi, p. 157.
3. Lods, Israël, des origines au milieu du VIIIème siècle, Paris 1949.
4. Malinowski, B., Argonauts of the Western Pacific, London 1922.
5. Mauss, op. cit., p. 180
6. Mauss, ibid., p. 223.


Carlo Tullio-Altan, Lo spirito religioso del mondo primitivo, Il Saggiatore, 1960, pp. 214-219; le integrazioni del testo entro parentesi quadre sono mie.

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