L'individualità estesa del primitivo

Come la individualità rispecchia la natura, in quanto entrambi sono fatti della stessa materia, così anche l'individualità magica presenta caratteri ben diversi dalla nostra. L'individualità magica è sì localizzata nel tempo e nello spazio, ma non come monade, bensì come luogo di partecipazione. Questo comporta il fatto che l'individualità primitiva non coincide topograficamente coi limiti spaziali del corpo, come accade per noi, ma comprende anche molti aspetti dell'ambiente circostante che noi consideriamo del tutto estranei alla nostra individualità. Fanno parte dell'individualità primitiva le sue appartenenze: l'ombra, l'immagine riflessa, gli escrementi, i resti non consumati del cibo, gli oggetti d'uso, le armi, il nome. La radice prima del diritto di proprietà si trova certamente in questo rapporto organico dell'individualità primitiva con le sue appartenenze, che formano con essa quel complesso che gli psicologi chiamano l'Ichhof, o io-alone. E non solamente i limiti spaziali dell'individualità non coincidono con la nostra idea di individuo, ma l'epicentro stesso dell'individualità primitiva può esser concepito al di fuori del corpo, nell'atai magico, sede dell'anima detta esterna. [p. 177] 

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Questo io diffuso non è però nemmeno lui qualcosa di un a sé stante, ma s'inserisce a sua volta intimamente nell'ordine sociale del gruppo umano in cui vive, e questo legame col gruppo è vivo a tal punto che, se il primitivo ne viene strappato, assai spesso non sopravvive alla prova, e in ogni caso è preso da una violenta forma di spleen, come accade anche a noi moderni, ma in misura incomparabilmente minore, quando sentiamo la nostalgia del paese natale. [p. 225]

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Nella società magica l'individualità, partecipando al mana del totem, è vitalmente legata ad esso, tanto che l'uomo non può sopravvivere al di fuori del suo gruppo. Ne è psichicamente incapace. E difatti la maggior condanna per un primitivo, come un Kanaka, non è la morte fisica, ma quella sociale, la messa al bando dal gruppo, che significa un annientamento di lui vivente e quindi una ben maggior sofferenza che si conclude comunque nella morte1 [pp. 231-232]

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1. M. Leenhardt, Les religions des peuples archaiques actuels, in «Histoire générale des Religions», Dir. Quillet.


Carlo Tullio-Altan, Lo spirito religioso del mondo primitivo, Il Saggiatore, 1960.

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