L'origine divina dell'atto tecnico e le sue implicazioni

Come il carattere complesso, e cioè la labile distinzione di soggetto ed oggetto, è all'origine della scarsità di mezzi tecnici che si legano al tipo della conoscenza primitiva, così il carattere diffuso di quest'ultima, e cioè la scarsa articolazione e subordinazione analitica, è all'origine della rigidità rituale di tali procedimenti tecnici. Senza giungere all'estremo dell'animale che continua meccanicamente una serie di atti, anche quando ne sia totalmente venuto meno lo scopo, come fa lo sfeco che richiude accuratamente il nido dove ha deposto la sua larva, anche quando non ha potuto non rendersi conto che questa gli è stata rapita, si può notare nei procedimenti tecnici dei primitivi una rigida costanza di esecuzione che denota il disinteresse a distinguerli nei loro vari momenti. Certi sistemi tecnico-produttivi sono seguiti colla medesima rigorosa fedeltà, con cui si esegue il rituale magico-religioso.

Il ritualismo, tradizionalismo e rigidità dei procedimenti tecnici, se si accorda colla mentalità magica, esprime d'altro canto anche la coscienza dell'origine divina dell'atto tecnico, che è frutto, come tutti i fenomeni del mondo umano, di un libero atto d'invenzione. L'uomo che inventa si sente ispirato e questa ispirazione ha per lui un carattere divino.

Da quest'esperienza del divino che accompagna l'atto dell'inventare, che è del tutto simile a quell'esperienza del divino che si attua nel percepire la vita e che è all'origine degli dèi istantanei (Augenblicksgoetter), al ritenere l'invenzione come effettiva ispirazione di un dio, il passo è breve. E difatti la mitologia primitiva si diffonde sopra questo tema, dell'invenzione degli strumenti, che si concepisce miticamente legata all'azione di un dio che ispirò nel sonno qualche vecchio saggio della tribù, oppure inventò e consegnò lui stesso alla tribù i nuovi strumenti e i nuovi metodi di procurarsi il cibo, colla caccia, coll'allevamento e colla cultura della terra. L'origine divina e mitica degli strumenti tecnici, conferisce loro così un carattere assoluto e ne rende inevitabile la codificazione rituale. Il buon fine dell'azione è assicurato solo dalla rigida osservanza delle tradizioni, che sono considerate di carattere sacro. Tracce di questo modo di concepire la tecnica, nella forma di un rito religioso, si hanno nella organizzazione delle corporazioni di mestieri e nelle loro dottrine, di carattere esoterico. Nell'Egitto antico, l'iniziato alla tecnica di un dato mestiere era chiamato herj seshta = capo del mistero; attualmente ancora i negri d'Africa che esercitano la metallurgia hanno un carattere sacro, di iniziati; nelle gilde del Medioevo europeo il carattere di congregazioni sacre non era ancora venuto meno del tutto.

La funzione della religione sulla tecnica è stata soprattutto di conservazione delle tradizioni, e quando la religione si organizzò nelle chiese, nelle società agricole urbane, la funzione dei templi, come si è detto per la scienza, è stata di primaria importanza anche per lo sviluppo di una tecnica più progredita, soprattutto nei riguardi delle culture agricole. In Persia, con Zoroastro, si arrivò a concepire il lavoro della terra come atto morale: i confini del bene, nella sua lotta col male, erano quelli dei campi coltivati. Ahura Mazdâ regnava su di essi, ed ogni nuova zona coltivata era dello spazio che veniva tolto ai daeva, spiriti del male. Gli stessi strumenti di lavoro assursero ad un carattere divino, come appare soprattutto nel Mesolitico europeo, col martello, nel Mediterraneo orientale, colla doppia ascia e col bastone del pastore, che divenne poi lo scettro della regalità di origine divina.

Ma in questo clima il progresso tecnico fu lento, e ciò per due ragioni: per il fatto della rigidità e cristallizzazione dei metodi tradizionali e per la mancanza di un'opera di ricerca disinteressata e scientifica di nuovi mezzi di produzione, per la mancanza, in altre parole, di una vera e propria scienza al servizio della tecnica. Ogni progresso puntuale, ogni invenzione singola, era frutto di singoli atti di creazione, di fronte all'insorgere di concreti problemi: l'invenzione era rigidamente condizionata dalle esigenze prammatiche dell'azione e questo stato di cose perdurò fino all'avvento della civiltà greca.

Il progresso tecnico è condizionato da quello scientifico, e la scienza, nell'accezione moderna, di ricerca gratuita di princìpi assoluti che governino la realtà obbiettiva, è, come si è detto, una creazione della Grecia del VI secolo. Da quell'epoca, liberato dalla concretezza della situazione prammatica che rallenta necessariamente il ritmo delle invenzioni, l'uomo si trovò in condizione di moltiplicare il numero e aumentare all'infinito la potenza dei suoi mezzi tecnici, al punto di poter costruire delle macchine che possono sostituire ottimamente l'uomo in molte attività che erano fino a pochi anni fa ritenute come sue esclusive.


Carlo Tullio-Altan, Lo spirito religioso del mondo primitivo, Il Saggiatore, 1960, pp. 211-213 [ ho omesso una nota; le sottolineature  in rosso sono mie ] 

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