Sui presunti poteri paranormali dei primitivi derivanti dalla "psiche partecipativa"

[...] è [...] innegabile che il modo di conoscere dell'uomo primitivo, conserva tracce della percezione complessa e diffusa, propria degli animali, accanto alla forma del pensiero vero e proprio, che si realizza attraverso la distinzione razionale tra il soggetto e l'oggetto. Presso i «popoli di natura» gli studiosi di psicologia hanno osservato un modo particolare di rappresentazione, cui hanno dato il nome di Eindrucksbild (immagine-urto), nella quale l'elemento soggettivo mal si distingue dall'elemento oggettivo, sotto il potente influsso dell'emozione vitale. In queste rappresentazioni proprie della psicologia primitiva, l'oggetto non si figura nettamente distinto dal soggetto, ma è permeato da un senso vitale emozionale esso pure, tanto da ricevere il nome di Aktionsding (cosa-azione), in cui si mantiene un che di dinamicamente soggettivo1. Non ci troviamo di fronte alla totale indistinzione del percepire animale, ma è certo che la nostra forma moderna e perfettamente consolidata di obbiettivare i nostri scopi vitali è qui ancora in una fase di critico sviluppo. Il pensiero si attua già sulla base di un'intuizione, altrimenti non meriterebbe il nome di pensiero, ma la carica emozionale, la vita cosmica immediata che opera nell'inconscio umano, è così forte e tanto limitati sono i mezzi intellettuali di difesa del primitivo, che la sua personalità, il suo esser soggetto di fronte ad un oggetto, è posto ad ogni istante in forse e spesso soccombe all'invasione delle forze emozionali [la c.d. "crisi della presenza" di De Martino], che sommergono la coscienza, al che il primitivo tenta di por rimedio mediante le pratiche di magia. [Tullio-Altan mostra qui di far sue le tesi sulla realtà dei poteri magici che De Martino espresse ne Il mondo magico]

Ora per realizzare la difesa magica, l'uomo primitivo si vale proprio di quel residuo di «conoscenza» animale che permane in lui, si vale cioè di quella residua complessità e diffusione del suo modo particolare di conoscere, per la quale un nesso vitale si mantiene, anche nella rappresentazione razionale, tra il soggetto e il suo oggetto. Questa presenza del cosmico nell'atto razionale si configura come quel senso chiamato da Lévy-Bruhl col nome di «partecipazione», «partecipazione» cioè del soggetto all'oggetto e viceversa.

Questa condizione di «partecipazione» è ciò che dà la possibilità di realizzarsi alle svariate forme della fenomenologia paranormale, assai più frequenti negli ambienti culturali primitivi e sottosviluppati che non in quelli colti ed evoluti, nei quali tali forme arcaiche non trovano giustificazione storica.

Il permanere di tali forme e fenomeni paranormali, che presuppongono un relitto di animalità nell'uomo, pur incluso nella sfera della spiritualità, non è in tal caso subito passivamente, come un'imperfezione, ma è sfruttato attivamente dalla magia per uno scopo eminentemente razionale. Ed infatti l'uomo fa uso della sua residua animalità in ausilio e difesa della spiritualità in crisi, adopera la forza del cosmo, per servirci di un'espressione immaginosa, a vantaggio di quelle dello spirito, di cui il cosmo si fa strumento. E questa è proprio l'essenza e la struttura caratteristica del mondo magico, che vediamo così essere reso possibile dalla particolare struttura psicologica dell'individuo primitivo.

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1. Werner H., Einführung in die Entwicklungspsychologie, Leipzig 1933.


Carlo Tullio-Altan, Lo spirito religioso del mondo primitivo, Il Saggiatore, 1960, pp. 166-167. [chiose tra parentesi quadre mie]

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