Caratteristiche della metodologia funzionalista in antropologia

[...] sembrerebbe che l'unico modo di studiare una religione fosse quello di analizzarla nella sua concatenazione con tutti gli altri aspetti della civiltà. Infatti, vi sono orientamenti nel campo dei nostri studi, che, partendo dalle ragioni sopra accennate, puntano in questa direzione. Possiamo menzionare qui, p.es., il c. d. «funzionalismo», un indirizzo metodologico dell'etnologia, formatosi intorno agli anni '20, che tuttora ha molti seguaci; non si tratta, dunque, di un indirizzo storico-religioso, ma le sue applicazioni allo studio delle religioni dei popoli primitivi riguardano anche la storia delle religioni che include in sé ugualmente quel campo di studi. Il funzionalismo, almeno nelle sue forme più rigide, non vuol saperne della «storia», dato che questa, per i popoli primitivi - conosciuti da troppo poco tempo e privi non solo di ricordi scritti, ma per lo più anche di resti archeologici del proprio passato - non è documentata e può essere, perciò, solo oggetto di ipotesi; e non vuol saperne di comparazione, dato che i fenomeni più simili possono avere un senso assai differente di cultura in cultura. Esso ritiene possibile solo lo studio di singole civiltà primitive e il suo scopo è di mostrare come ogni manifestazione di una singola cultura sia comprensibile solo nei suoi rapporti di interdipendenza con le altre manifestazioni della medesima cultura; per comprendere un qualsiasi elemento culturale, non vi sarebbe, dunque, bisogno di ipotetiche costruzioni storiche, né di raffronti tra civiltà e civiltà bensì solo dell'analisi quanto più dettagliata dell'intera esistenza del popolo (o gruppi di popoli), presso cui lo si osservi: attraverso quell'analisi, infatti, si rivelerebbe la connessione «funzionale» di quell'elemento culturale con tutti gli altri. 


Angelo Brelich, Storia delle religioni: perché?, Liguori, 1979, pp. 236-237.

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