Le razzie, le persecuzioni e le guerre di Maometto, "profeta armato"

Per poter sopravvivere [dopo il trasferimento a Medina], Maometto e gli «emigrati» furono costretti a intraprendere scorrerie contro le carovane provenienti dalla Mecca. La loro prima vittoria si ebbe a Badr, nel marzo del 627 [...]: essi persero quattordici uomini, mentre gli idolatri ne persero settanta, e quaranta di loro vennero fatti prigionieri. Il bottino, piuttosto consistente, e il riscatto ottenuto per la liberazione dei prigionieri vennero distribuiti da Maometto, in parti uguali, ai combattenti. Un mese più tardi il Profeta costrinse una delle tribù ebraiche ad abbandonare Medina, lasciando dietro di sé case e beni. L'anno successivo i musulmani vennero battuti a Uhud da un esercito di circa tremila uomini proveniente dalla Mecca e, in quell'occasione, fu ferito lo stesso Maometto; l'avvenimento decisivo in questa sorta di guerriglia religiosa fu però costituito dalla battaglia cosiddetta del «Fossato», dato che su consiglio di un Persiano erano state scavate delle trincee dinanzi alle vie di accesso alla città-oasi. Secondo la tradizione, Medina venne assediata invano per due settimane da quattromila guerrieri della Mecca: ma infine un tornado li disperse. Durante l'assedio, Maometto aveva notato il comportamento sospetto di alcuni pseudo-convertiti e dei Qurayza - l'ultima tribù ebraica rimasta a Medina. Dopo la vittoria, perciò, accusò di tradimento gli Ebrei e ordinò che venissero massacrati.

Nell'aprile del 628 una nuova rivelazione (48:27) diede a Maometto la sicurezza che i fedeli potevano intraprendere il pellegrinaggio alla Ka'ba e, nonostante l'esitazione di qualcuno, la carovana dei credenti si avvicinò alla città santa. Non riuscirono a entrarvi, ma il Profeta seppe trasformare questa mezza sconfitta in una vittoria: egli richiese ai suoi seguaci il giuramento di fedeltà assoluta (48:10) in quanto rappresentante diretto di Dio. E questo giuramento gli era realmente indispensabile, poiché poco tempo dopo concluse con gli abitanti della Mecca una tregua che poteva apparire umiliante, ma che gli permetteva di effettuare il pellegrinaggio l'anno successivo. E, ciò che più conta, i Coreisciti assicuravano ai musulmani una pace di dieci anni.

Di fatti, nel 629, duemila fedeli guidati dal Profeta entrarono nella città temporaneamente abbandonata dai politeisti e celebrarono il rituale del pellegrinaggio. Il trionfo dell'Islam si dimostrava imminente - e già numerose tribù beduine e i rappresentanti stessi dell'oligarchia coreiscita cominciavano a convertirsi. In questo stesso anno Maometto mandò una spedizione a Mu'ta, verso la frontiera con l'Impero bizantino: la spedizione fallì, ma il suo prestigio non diminuì affatto. Mu'ta indicava la direzione principale verso la quale occorreva predicare l'Islam - cosa che fu ben chiara ai successori di Maometto.

Nel gennaio del 630, con diecimila uomini (secondo la tradizione) e col pretesto che gli abitanti della Mecca avevano dato il loro appoggio a una tribù ostile, il Profeta violò la tregua e occupò la città senza colpo ferire. Furono distrutti gli idoli della Ka'ba, il santuario fu purificato e vennero aboliti tutti i privilegi dei politeisti: divenuto padrone della città santa, Maometto dimostrò una grande tolleranza e, tranne l'esecuzione di sei dei suoi più feroci nemici, vietò ai suoi la vendetta contro gli abitanti della città. Guidato da un ammirevole istinto politico, Maometto non stabilì la capitale del suo stato teocratico a La Mecca, ma tornò a Medina dopo aver compiuto il pellegrinaggio. 

L'anno successivo, il 631, il Profeta non attuò il pellegrinaggio, ma si limitò a mandare Abū Bekr come suo rappresentante. Proprio in quest'occasione, in seguito a una nuova rivelazione, Maometto proclamò la guerra totale contro il politeismo: «Dio e il suo Profeta sconfessano i politeisti (...). Non appena siano trascorsi i mesi santi, uccidete i politeisti ovunque li troviate (...). Se però essi si pentono, se adempiono le preghiere, se fanno l'offerta lasciateli in libertà. Dio è colui che perdona, è misericordioso. Se un politeista chiede asilo presso di te accoglilo per permettergli di sentire la parola di Dio; fallo poi giungere al suo luogo sicuro, perché sono gente che non sanno» (9:3-6)

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La politica di Maometto assomiglia a quella illustrata nei diversi libri dell'Antico Testamento: è ispirata, direttamente o indirettamente, da Allah; la storia universale è la manifestazione ininterrotta di Dio; persino le vittorie degli 'infedeli' sono volute da Dio. È perciò indispensabile la guerra totale e permanente allo scopo di convertire tutto il mondo al monoteismo - e, in ogni caso, la guerra è preferibile all'apostasia e all'anarchia.


Mircea Eliade, Storia delle credenze e delle idee religiose. 3. Da Maometto all'età delle Riforme, Sansoni, 1990, pp. 88-90 e 93. Ho sostituito le parentesi quadre con quelle tonde nei tagli di citazioni riportate dall'Autore per distinguerli dai miei tagli, sempre indicati con perentesi quadre. Ho omesso le note. I numeri tra parentesi si riferiscono a passi del Corano.

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