Origine e funzione del tabu

L'origine e la funzione specifiche di ogni tabu si possono in vari casi scoprire nel corso di ricerche concrete; ma se si vuol parlare del tabu in generale, è difficile non intravedere comunque in questo genere di istituzione religiosa un intervento regolatore dell'uomo nella realtà non-umana. Dal punto di vista puramente naturale, l'uomo potrebbe benissimo consumare numerosi cibi che invece si vieta di ingerire; potrebbe avere con le donne della sua famiglia rapporti sessuali, mentre ritiene questo proibito; potrebbe non fare alcuna differenza tra un luogo e un altro, un giorno e un altro, ecc., e invece si pone spesso dei limiti precisi e talvolta gravosi per poter imporre al mondo della contingenza un ordinamento umano ed essere in tal modo certo di agire secondo dovere.

Le autolimitazioni che il gruppo umano s'impone indicando la propria religione possono essere anche estremamente dure e, in certe civiltà, il timore di violare gli innumerevoli tabu, può rappresentare uno degli aspetti dominanti della religione. Una delle funzioni fondamentali di tali limitazioni è però, appunto, quella di determinare un campo d'azione per l'uomo. Nella realtà che l'uomo si trova di fronte, e che egli non ha né istituito né organizzato, tutto potrebbe sembrare pericoloso e imprevedibile; ma una volta individuati i tabu, distinto ciò che è lecito da quel che non lo è, l'attività umana può dispiegarsi, entro limiti più ristretti ma più sicuri.

Quest'ultima osservazione chiarisce un aspetto comune, se non a tutti, almeno a parecchi fenomeni religiosi; un aspetto non esplicitamente sottolineato nei precedenti paragrafi. La religione protegge, libera e favorisce l'attività profana su cui si fonda l'esistenza umana. [analoghe considerazioni costellano l'opera di De Martino: v. etichetta destorificazione] Nelle relazioni (cultuali e normative) con gli esseri sovrumani, nei quali si concentra e si personifica ciò che nella realtà in cui vive gli appare incontrollabile, l'uomo risolve problemi che altrimenti continuerebbero a gravargli addosso in ogni istante della sua esistenza; scaricando le sue preoccupazioni su degli esseri sovrumani («tutelari»), egli può ridurre le sue angosce di fronte all'incontrollabile al culto di questi esseri, dedicando il resto delle sue energie all'attività profana; ritrovando nel mito il fondamento delle cose e la garanzia della loro stabilità (e spesso, anche dei modelli concreti d'azione: miti «prototipici»), egli può adeguarsi alle condizioni del mondo non fissate da lui; attraverso i riti, l'uomo inserisce la realtà in un ordine umano che potrà rappresentare la base della sua attività quotidiana. 


Angelo Brelich, Storia delle religioni: perché?, Liguori, 1979, pp. 159-160; sottolineature rosse e chiose blu tra parentesi quadre sono mie.

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