Perché gli dèi hanno bisogno degli uomini

[...] gli dèi sumeri - e non soltanto loro - creano l'uomo affinché ci sia qualcuno che li nutra; dopo il diluvio, la loro prima preoccupazione è di restare senza sacrifici (e, quindi, probabilmente, deperire e morire!). Sostenere gli dèi - affinché ci siano! - è compito dell'uomo che, in realtà, li ha creati, e non per pura «espressione» della «conoscenza» della «realtà» o dell'«esperienza», del «divino», ma li ha creati perché ne aveva bisogno, perché senza gli dèi il suo mondo non avrebbe senso, non avrebbe ordine, chiarezza, solidità, legge, equilibrio, e li deve anche sostenere perché continua ad averne bisogno - come del resto anche gli dèi «hanno bisogno degli uomini», concetto che porta vicino ad uno degli aspetti più fondamentali di ogni religione.

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Per varie concezioni religiose, anche per quelle che sono ben lungi dal potersi considerare «primitive», sono gli esseri sovrumani ad esigere un culto: si tratta della forma perfetta della proiezione del bisogno che ha l'uomo dell'esistenza di questi esseri e di vedere da questi determinato il proprio comportamento. Solo raramente compare l'idea (particolarmente significativa) che «Dio ha bisogno degli uomini», cioè per esempio, che gli esseri sovrumani morirebbero di «fame» senza i sacrifici, oppure, più semplicemente, cesserebbero di esistere in assenza di culto. Quest'idea si afferma in certi comportamenti religiosi («preghiera-minaccia», altari rovesciati, soppressione di culti), portando al livello della coscienza il fatto volutamente ignorato che gli esseri sovrumani non esistono se non nella misura in cui l'uomo li fa esistere, li sostenta, li coltiva (colit, cultus).


Angelo Brelich, Storia delle religioni: perché?, Liguori, 1979, pp. 121 e 157. [Sottolineature mie].

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