Il mito segna il passaggio dalla natura alla cultura e fonda il mondo dell'uomo

[...] la creazione mitica concerne non la realtà nella sua nuda oggettività, ma la realtà culturalmente ordinata, conforme a un disegno culturale collettivo e, come tale, divenuta accettabile. Pertanto, il ricorso ai miti non rappresenta il tentativo ingenuo di spiegare la genesi della realtà, messo in atto da chi non ha ancora sviluppato il pensiero razionale, secondo lo stereotipo evoluzionistico duro a morire nonostante la sua estrema banalità (o, forse, proprio grazie ad essa). L'analisi della funzione chiave di fondazione elaborata da Brelich ci fa capire che la sola genesi di cui si occupano i miti di creazione è quella del "mondo", vale a dire del reale regolato da leggi umane, considerato come il primo risultato in assoluto del passaggio dalla natura alla cultura. Questo è il contesto di fondo nel quale va inquadrato il processo di trasfigurazione simbolica dei primordi, al fine di poterne decifrare, gradualmente, il senso riposto. Se si accetta l'impostazione qui proposta, la dimensione mitica delle origini, nella misura in cui racchiude in sé il superamento inaugurale della datità naturale, costituisce la base sulla quale le singole civiltà edificano, ciascuna a suo modo, il proprio assetto nei vari settori in cui si articola l'esistenza collettiva e individuale. In tale prospettiva ci pare pregnante il riferimento ad Atlante, l'eroe greco del tempo del mito, che sostiene il mondo degli uomini: immagine scaturita dal cuore di una mitologia particolarmente fertile e che, per la sua straordinaria forza espressiva, trascende i limiti della civiltà che l'ha prodotta, per diventare emblematica del valore della mitologia in quanto tale.


Marcello Massenzio - Carlo Tullio-Altan, Religioni Simboli Società. Sul fondamento umano dell'esperienza religiosa, Feltrinelli, 1998, p. 246

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