Il culto di Iside saccheggiato dal cristianesimo
Un calore d'appassionata pietà relgiosa circonfonde il culto d'Iside. Nei templi si svolgono complicati servizi religiosi a cui partecipano tutti i devoti; Iside è amata e celebrata con litanie dai fedeli, che costituiscono la sua santa milizia, come sposa e come madre. Molte delle caratteristiche del posteriore culto della vergine Maria, non sono che l'assorbimento nel cristianesimo del culto d'Iside. La quale viene rappresentata con i distintivi di regina del cielo, col sistro e con la gondola, o con Horos fanciullo (Harpocrate) in braccio. È la dea soccorritrice per eccellenza: «Tu quidem sancta et humani generis sospitatrix perpetua»: è la dea che ha istituito le forme più elevate di civiltà: le giuste nozze, l'allevamento dei figli, la pietà dei figli verso i genitori, delle donne verso i mariti.
Nell'esaltazione della propria dea i fedeli a lei riferiscono gli epiteti e gli attributi di tutte le dee, ottenendo una relativa riduzione del politeismo per la preponderanza di un unico culto.
Nei suoi templi e in quelli di Serapide troviamo anche una specie di preformazione del monachismo cristiano. Molti fedeli vivono rinchiusi entro i recinti sacri, in astinenza e in esercizi spirituali: sono i così detti catochoi: indizio della preponderanza degli interessi religiosi nell'età ellenistico-romana.
[Naturalmente il saccheggio del cristianesimo non si limitò al culto di Iside: inglobò anche elementi provenienti da altri culti misterici: culto di Cibele e Attis, culto di Mitra, ecc., e com'è noto anche diverse feste pagane furono trasformate in senso cristiano]
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Queste religioni orientali furono non meno del giudaismo un momento di preparazione del cristianesimo. Esse crearono le forme religiose entro cui si svolgerà il cristianesimo: il bisogno di una religiosità individuale, l'aspirazione ad una salvazione (soteria) individuale e ad una grazia divina e alla vita eterna, le forme sacramentali del rapporto con Dio, un orientamento verso il monoteismo, e al tempo stesso il bisogno di intuire Iddio in una guisa che il rapporto dell'uomo con l'eterno sia concepibile, e perciò la concezione d'un mediatore. Entro questa orbita si svilupperà il cristianesimo.
Adolfo Omodeo, Religione e civiltà. Dalla Grecia antica ai tempi nostri, Laterza, 1948, p. 105.
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