L'usanza di uccidere i vecchi prima della decrepitezza
In ambiente ancor più primitivo ci trasportano le notizie di Diodoro (3. 33, I sgg.) relative ai Troglodyti stanziati fra l'Alto Nilo e l'Etiopia, presso i quali non s'incontravano persone di più di sessant'anni, perché i vecchi o si uccidevano da sé od erano uccisi dai membri della loro stessa tribù, e precisamente erano strozzati con una corda di bue; ma i Megabari, ch'erano appunto una di quelle popolazioni cavernicole, avevano un costume speciale: legavano [...] quei vecchi uccisi in un modo che le gambe toccassero il collo, indi li lapidavano con grosse pietre.1
Il costume di uccidere i vecchi prima che raggiungano la decrepitezza, affinché, morendo quando ancora si trovano in condizioni abbastanza buone, nelle stesse condizioni rivivano nell'altra vita, è praticato anche da parecchie popolazioni primitive attuali (Australia, Isole Figi, ecc.).2 [Questa notizia va presa con beneficio d'inventario, data la fonte, notoriamente poco attendibile, da cui viene riportata] Frequentissimo è poi presso gli odierni 'selvaggi' l'uso di innalzare mucchi di pietre (od anche - ove le pietre facciano difetto - di rami, fronde od altro) in luoghi speciali, mucchi che in altri casi sono poi (come vedemmo nella Grecia antica p. 18, e nella Spagna medioevale p. 6) accresciuti via via dai passanti.
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1. Cfr. R. Pettazzoni, La religione primitiva in Sardegna (1912), 143 sgg., 150.
2. J. G. Frazer, The dying god (The Golden Bough,³ part III), London 1912, 10 sgg.; R. Pettazzoni, op. cit. 149.
Raffaele Pettazzoni, La «grave mora», in "Studi e materiali di storia delle religioni", I, 1925, p. 39.
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