Sul rapporto masochistico tra prostituta e protettore

[ Questo passo del bel libro di G. Vergani, che traccia la storia delle case chiuse in Italia e Francia, si può ricollegare alle considerazioni di Deutsch sul masochismo naturale della donna (v. Masochismo femminile) ]

L'autorità sulle ragazze era dominio di cuore. Quasi sempre il reclutamento, quel convincere la miseria a prostituirsi, a fare la «vita», a entrare nella spirale delle quindicine, passava attraverso l'amore. Quasi sempre il placeur era anche il protettore della reclutata che, per reggere alla desolazione di quella esistenza, doveva comunque aggrapparsi a qualcosa di illusoriamente pulito: una devozione, un sentimento, una sottomissione d'amore. «Si riscattano pagando l'amore, di essere esse stesse pagate», scrive Pietro Bianchi.1 È un riflesso condizionato. È un rituale mesto, desolato ma irrinunciabile psicologicamente. «Quasi tutte finiscono a subire questa specie di magia», testimonia Alphonse Boudard. «Il loro uomo è sacro. Esse vivono in questo stato mentale, quasi una cultura. Gli danno tutto, disprezzano il resto del mondo, i clienti. Spesso non hanno molti rapporti sessuali con il loro protettore. Allora, lo fanno di testa, di immaginazione. Ne hanno bisogno per sopravvivere. Devono costruirsi questa mitologia: avere l'uomo più acchittato, più elegante, un uomo con la sua brava catena d'oro, gli anelli alle dita. Se ne fregano se è stupido, villano, se le maltratta. Sembra un cliché, un ritornello... C'est mon homme. Ma il ritornello deriva da una qualche verità. Fra la gonzesse e il suo mec si stabilisce una sorta di gioco, di rito sado-masochista, in un'atmosfera, è  bizzarro, di peccato e di punizione. Inconsciamente, le ragazze delle case espiano non so quale sbaglio. Subiscono le ingiurie, le botte come qualcosa di fisiologico, di naturale.»2

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1. Pietro Bianchi, Le signorine d'Avignone, Ferro Edizioni, 1967.
2. Alphonse Boudard, la Fermeture, Robert Laffont, 1986.


Guido Vergani, Giovanotti, in camera, Baldini & Castoldi, 1995 (ed. or. 1988), pp. 130-131.

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