La genesi della religione: il ruolo giocato dalla propensione a scorgere agenti intenzionali e dall'illusione del controllo

[Riporto qui alcuni stralci di un articolo di Sergio Fabio Berardini che analizza alcuni fenomeni nel sorgere della religione. Alcuni di questi fenomeni sono stati evidenziati anche da Vallortigara, Pievani e Girotto in Nati per credere. Perché il nostro cervello sembra predisposto a fraintendere la teoria di Darwin, Codice, 2008. Le sottolineature nel testo sono mie]


Per quanto riguarda l’HADD [hypersensitive agency detection device: definizione usata dall'antropologo cognitivista Justin L. Barrett], per i nostri antenati raccoglitori-cacciatori doveva essere più adattiva una iperattiva propensione a scorgere agenti anche là dove non ce ne erano, piuttosto che un difetto nella loro individuazione. Questo eccesso di prudenza possiamo rilevarlo in noi stessi, nonostante viviamo in un ambiente più sicuro e prevedibile rispetto a quello dei nostri lontani antenati: movimenti e suoni improvvisi, ad esempio, ci portano immediatamente (e forse fallacemente) a pensare alla presenza di qualcuno (magari proprio un malintenzionato che potrebbe aggredirci); oppure, nell’osservare una certa macchia sul muro o una nuvola in cielo, ci è spontaneo vedere una figura umana o animale. [Su questo si veda il passo riportato su questo blog nella scheda di citazioni su Nati per credere ]


L’illusione di controllo, invece, ci porta a credere che l’ambiente che ci circonda possa essere influenzato da una serie di azioni  che, in realtà, non hanno alcuna efficacia diretta. Se così è, se tali azioni non hanno effetti concreti sulla realtà esterna (si pensi allo sciamano che compie una danza della pioggia, la quale non ha alcun poter di far piovere, tant’è che tale rituale è messo in atto solo durante la stagione delle piogge), perché ricorrere ad essa? Perché (e qui sta il senso dell’illusione di controllo) queste azioni agiscono non già sulla realtà, bensì sulla relazione tra l’individuo e la realtà: per dirla con Ludwig Feuerbach , grazie a questa illusione, la realtà non appare fredda e ostile, ovvero sorda ai bisogni umani, ma appare malleabile e atta a essere condizionata (ad esempio, attraverso sacrifici e preghiere); e pertanto una simile illusione ha l’utilità di ridurre l’ansia.


Tornando agli stregoni Aranda e ai gatti maligni*, possiamo osservare che se c’è solo la forza del vento, ovvero se non c’è niente oltre a questa forza, la quale è indifferente alle sorti umane, allora non c’è niente che gli umani possano fare per arginarla, nella misura in cui non hanno sviluppato una conoscenza tecnica materiale capace di controllarla. Ma se al vento è associato un agente intenzionale (i gatti maligni) che può essere individuato e sconfitto, allora è possibile per gli esseri umani ergersi contro di esso e resistervi. Chiaramente, questa resistenza è “psicologica”: il vento, infatti, non smette di “mugghiare”; ma la comunità Aranda, che ha fiducia nell’operato degli stregoni, non lo teme, perché sa che l’oggetto del loro timore, i gatti maligni (e non più il vento), può essere sconfitto. E tuttavia, alla comunità, al pubblico profano, non è permesso vedere gli erintja uccisi. Il pubblico profano, infatti, qualora ci provasse, lungi dal vederne i cadaveri, non vedrebbe niente, e l’illusione di controllo perderebbe la sua efficacia. La narrazione va dunque difesa, nella misura in essa può difenderci.

[p.4] [...]

Ma il niente si dice in molti modi e può presentarsi anche come un “vuoto” di informazioni. Un vuoto che deve essere riempito, nella misura in cui esso è fonte di turbamento. E questo “pieno” consiste, anche questa volta, in rappresentazioni mitico-religiose. Si consideri, ad esempio, quanto osservava lo storico Aron Gurevič a proposito della cultura medievale nel nord Europa:


Nel podere dell’agricoltore era racchiuso il modello dell’universo. Ciò appare con evidenza nella mitologia scandinava, che conservava molti tratti delle credenze e delle idee un tempo comuni a tutti i popoli germanici. Il mondo degli uomini – il midgard, letteralmente il “podere di mezzo” – è la parte coltivata, lavorata dello spazio universale. Il midgard è circondato da un mondo di mostri e di giganti ostile agli uomini – l’utgard, “ciò che è situato oltre il recinto del cortile”, la parte del mondo non lavorata che resta nel caos. [...] Un mondo sconosciuto, oscuro, di paure e pericoli circonda da ogni parte il mondo dell’uomo, il podere, la casa colonica.


Torniamo così al punto iniziale: il niente si rivela come ciò che sta oltre il mondo dei fatti, il pieno regno delle cose nel quale viviamo. Esso è un “oltre” che deve essere semantizzato (è un “vuoto” che deve diventare “pieno”), al fine di tradurre il perturbante niente in un ente col quale è possibile entrare in rapporto. Non importa se questo ente sia oggetto di timore, o addirittura orrore (come è il caso dei mostri che popolano l’utgard o di divinità terribili), perché ben peggiore è rimanere in uno stato di indeterminazione, ossia di mancata semantizzazione di quell’oltre (che sarebbe motivo di angoscia).

Gli dèi, i mostri, le creature fantastiche si pongono, in tal senso, come enti che “difendono” l’umanità dal niente – essi costituiscono il limite protettivo del regno delle cose riempiendone, per così dire, gli spazi vuoti.

[pp. 6-7] [...]


Schematizzando, si potrebbe illustrare in questo modo la dialettica tra sacro e profano che vede la religione come perno: (1) vi è la positività dell’esistenza umana, alla quale segue, simile a un’ombra, (2) il negativo (ciò che minaccia l’esistenza e la sua costellazione di valori). A questo punto, (3) entra in scena la religione, la quale opera in modo da negare il negativo attraverso gli strumenti che le sono propri: una narrazione mitica cui è strettamente collegato un rito, ossia un set di azioni che sono coerenti con quella narrazione.  Tale «nesso mitico-rituale» da un lato aiuta a mascherare il niente che angoscia (ad esempio, al nulla che segue alla morte individuale è sostituito un “al di là”, secondo la tesi di Pettazzoni ricordata in apertura del secondo paragrafo); dall’altro, esso ci offre gli strumenti “correttivi” per affrontare quei momenti in cui il niente riesce comunque a irrompere e a farsi visibile nonostante l’opera di mascheramento messa in atto (mi viene in mente quando un rituale fallisce: nel caso in cui, ad esempio, una preghiera non sortisce alcun effetto, a essere messo in discussione non è l’impianto mitico al quale colui che prega fa riferimento, bensì le modalità di esecuzione della preghiera o la dignità del soggetto stesso che prega. In questo caso, tale fallimento, che potrebbe far cadere l’intero palco, o produrre uno strappo nel “cielo di carta” di pirandelliana memoria; tale fallimento, si diceva, viene giustificato attraverso l’individuazione di un responsabile, consentendo al dispositivo salvifico di rimanere in piedi).


La religione, si precisa così come una “tecnica” che consiste nell’ergere un muro protettivo che conferma la separazione tra sacro e profano, non già per giungere al sacro oppure per proteggere il sacro dall’impurità profana, ma per proteggere il profano dalla negatività del sacro. Come si è osservato alla fine del secondo paragrafo, non importa se la divinità “evocata” a proteggere dal niente è terribile e capace di suscitare orrore: anche il terrore e l’orrore, infatti, possono svolgere una funzione protettiva, nella misura in cui mascherano il nulla. In tal senso, se è vero, come osserva Pascal Boyer, che non tutte le religioni sono “consolatorie” (in quanto possono essere fonte di disperazione, di paura, nonché causa di forti inquietudini) o capaci di offrire chiare “spiegazioni” (in quanto, lungi dal chiarificare misteri, li creano e infittiscono), pure è vero che tutte le religioni esibiscono un “senso” (il quale può essere consolatorio o disperante, chiarificante o misterioso). E il punto è questo: paradossalmente, anche quando tale senso appare (agli occhi di chi lo giudica dall’esterno) disperante e misterioso, esso svolge comunque una funzione protettiva, in quanto protegge dalla ben più disperante assenza di senso. Esso protegge dal niente. Si potrebbe dunque dire: è meglio una brutta notizia che nessuna notizia. Pertanto, pur tenendo conto dei giusti rilievi di Boyer, crediamo abbia ragione Walter Burkert quando afferma che la religione aiuta a difendere la vita umana dall’angoscia e che, di fronte ai critici problemi della morte e dei vuoti di senso, essa riesce comunque a offrire uno spazio protettivo (per quanto tale spazio possa apparirci angusto).

[pp. 10-11] 

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* L'Autore si riferisce a una tecnica magica usata dagli Aranda e descritta dall'antropologo Strehlow in un'opera del 1907-1920, poi riportata da E. De Martino ne Il mondo magico. Prolegomeni a una storia del magismo, Bollati Boringhieri, 1973, pp. 103-104.

 Quando mugghia un maligno vento di ponente, gli stregoni di un accampamento si dispongono in circolo, e osservano il vento che si avvicina. Se notano in lui esseri maligni sotto forma di lunghi gatti chiamati erintja ngaia, gettano contro di loro anzitutto pietre-ngankara, poi li uccidono con i loro bastoni, e li fanno a pezzi. Quindi mostrano questi erintja uccisi solo ai loro colleghi in magia, giammai al pubblico profano. C. F. Strehlow, Die Aranda..., Joseph Baer & Co., Frankfurt am Main 1907-1920, IV, 2, p. 40.

Per comodità ho omesso le note bibliografiche, ma riporto qui in calce l'intera bibliografia delle opere citate nell'articolo dall'autore:

Agamben G., La comunità che viene, Bollati Boringhieri, Torino 2001
Atran S., In God We Trust: The Evolutionary Landscape of Religion, Oxford University Press, New York 2002
Barrett J.L., Why Would Anyone Believe in God?, AltaMira Press, Walnut Creek (CA) 2004
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Benveniste E., Le Vocabulaire des institutions indo-européennes, Minuit, Paris 1969; trad. it. di M. Liborio, Il vocabolario delle istituzioni indoeuropee, Einaudi, Torino 1976
Berardini S.F., Ethos Presenza Storia. La ricerca filosofia di Ernesto De Martino, Università di Trento Editrice, Trento 2013;
Berardini S.F., Presenza e negazione. Ernesto De Martino tra filosofia, storia e religione, ETS, Pisa 2015
Berardini S.F., Quando la carne si fa verbo. La religione tra bios e logos, in A. Bertollini e R. Finelli (a cura di), Soglie del linguaggio. Corpo, mondi, società, RomaTrE-Press, Roma 2017, pp. 133-155
Berardini S.F., Negare il negativo. La funzione “mascheratrice” della religione, in «Consecutio Rerum», 4/2, 2019.
Berardini S.F. e Marraffa M., La religione come tecnica difensiva dell’identità soggettiva, in «Rivista Internazionale di Filosofia e Psicologia», 7/3, 2016, pp. 365-377
Berardini S.F. e Marraffa M., A psychodinamic approach to the cognitive science of religion, in «Paradigmi», 36/2, 2018, pp. 299-316
Bergson H., Les deux sources de la morale et de la religion, Presses Universitaires de France, Paris 1932; trad. it. di M. Perrini, Le due fonti della morale e della religione, La Scuola, Brescia 1996
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Burkert, W., Creation of the Sacred: Tracks of Biology in Early Religions, Harvard University Press, Cambridge (MA) 1996; trad. it. di F. Salvatorelli, La creazione del sacro, Adelphi, Milano 2003
Deleuze G. e Guattari F., Qu’est-ce que la philosophie?, Les édition de Minuit, Paris 1991; trad. it di A. De Lorenzis, Che cos’è la filosofia?, Einaudi, Torino, 1996 De Martino E., Il mondo magico. Prolegomeni a una storia del magismo, Bollati Boringhieri, Torino 1973
De Martino E., Morte e pianto rituale. Dal lamento funebre antico al pianto di Maria, Bollati Boringhieri, Torino 1975
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Sergio Fabio Berardini, L'ente e il niente. La religione tra sacro e profano, in "Nuovo giornale di filosofia della religione", N. 12 Gennaio - Aprile 2020 [L'articolo è reperibile e scaricabile in formato pdf su https://www.academia.edu/ ]


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