Perché B. Croce riteneva che non si potesse fare storia delle religioni

Per Croce, come per Omodeo, queste innovazioni [quelle proposte da Pettazzoni nello studio del fatto religioso] risultavano inaccettabili per alcuni chiari motivi. Le istanze dello storicismo mettevano in causa non solo la validità storiografica del metodo comparativo, ma la legittimità stessa della storia delle religioni come scienza storica specifica. Per Croce e Omodeo la religione non costituiva un valore autonomo dello spirito, quindi – coerentemente con la loro impostazione epistemologica – la sua storia non poteva avere consistenza propria e doveva risolversi nella storia del pensiero e della vita morale. Nella struttura dello spirito non c’era posto per la religione accanto alle altre forme (arte, filosofia, economia e morale), poiché essa si collocava in quel serbatoio del “vitale” che conteneva le passioni, gli pseudoconcetti che non potevano assurgere a forme distinte dello spirito. Nel fondo, per Croce, la religione era una fase infantile dell’umanità, da cui l’uomo si sarebbe progressivamente affrancato passando ad una concezione etica e filosofica della vita. Lo studio delle religioni, pertanto, non poteva al massimo che essere una curiosità erudita, come il filofoso napoletano affermava in un brano molto citato che riporto qui di seguito:

«In verità codesti studî di storia delle religioni e relative cattedre non sono sorti in Italia ai giorni nostri per alcun bisogno né speculativo né etico, ma unicamente per bisogno di erudizione, per far sì che l’Italia (come si dice) non resti indietro agli altri paesi nell’esercizio di tali studî, che anche in Italia vi sia gente che abbia pratica della relativa letteratura e, come può, l’accresca. Sono sorti, insomma, allo stesso modo in cui si procura di completare le collezioni di una biblioteca: come questo materiale librario, quelle cattedre e quei volumi di erudizione, potranno eventualmente servire, e non dirò che la cura che si prende di essi non sia laudabile: ma sarebbe caso affatto nuovo che dal collezionismo bibliografico ed erudito nascesse un moto ideale e morale, e da una rassegna enciclopedica di tutte le religioni – una coscienza religiosa»1.

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1. B. Croce, Conversazioni critiche, s. IV, Bari 1932, pp. 216-217 (= La Critica 22, 1924, pp. 312-313); cf. altresì id., “Le condizioni presenti della storiografia in Italia”, La Critica 28, 1929, pp. 174 ss.


Paolo Xella, Laici e cattolici alla scuola di Raffaele Pettazzoni, in "Angelo Brelich e la storia delle religioni: temi, problemi e prospettive: atti del Convegno di Roma, C.N.R., 3-4 dicembre 2002", Essedue, 2005 [ho omesso una nota, articolo scaricabile in pdf da qui].

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