Poteri magici e parapsicologia: le posizioni attuali dell'antropologia

Les sciences sociales nous ont appris que les instances analytiques principales demeurent dans la recherche du sens, des relations mobilisées, des fonctions, des transformations, de l’évolution d’une croyance, d’un rite, d’un mythe, tout en mettant de côté leur éventuelle «réalité», qui n’intéresse pas le sociologue, l’anthropologue ou l’historien des religions en tant que tels ; ou peut-être les intéresse seulement indirectement, c’est-à-dire dans la mesure où le sens d’une donnée à analyser puisse se modifier en relations à une “réalité” naturaliste et historique qui en permettrait la lecture. Le problème du magisme, qui depuis sa définition originelle (de-martinienne) a subi une dilatation (para)épistémologique, en s’inscrivant dans le champ plus général de la parapsychologie, n’est plus posé qu’occasionnellement. Le cas français est donc relativement singulier puisque les chercheurs débattent encore très largement sur ces thèmes, en refusant ouvertement le status quo conventionnel des sciences sociales et la position presque unanimement acceptée par la communauté scientifique internationale, pour laquelle les phénomènes dits “paranormaux” sont, dans le meilleur des cas, un symptôme de crédulité et d’ingénuité, ou dans le pire, une escroquerie. La tentative monumentale et audacieuse de Méheust est l’exemple le plus éclatant de cette “dissidence” scientifique.
 
 
Alessandro Testa, Le destin tylorien. Considérations inactuelles sur la "réalité" de la magie, ethnographiques.org, N. 21 - novembre 2010, p. 9.
 
 
[Ma questo rifiuto di affrontare la questione della realtà dei poteri magici era la situazione che lo stesso De Martino constatava al tempo in cui scrisse Il mondo magico : nulla è cambiato da allora, e come De Martino - ma penso anche ad un Servadio, che fu suo collaboratore sul campo - era un isolato, così oggi è un isolato Méheust. Il problema non è irrilevante, perché secondo De Martino questi fenomeni si originano in presenza di stati di coscienza inferiori, tipici dei popoli primitivi (o di gruppi umani comunque equivalenti alle popolazioni primitive), implicando una visione del rapporto uomo-realtà radicalmente originale (la c.d. "natura culturalmente condizionata"). Riporto qui di seguito le parole dello stesso De Martino nell'esordio del suo libro] 


Appena lo studioso si volge al mondo magico, nell'intento di pene­trarne il segreto, subito si imbatte in un problema pregiudiziale dal quale dipende in sostanza l’orientamento e il destino della ricerca: il problema dei poteri magici. Ordinariamente tale problema viene eluso con molta disinvoltura, in quanto si assume come ovvio presupposto che le pretese magiche siano tutte irreali e che le pratiche magiche siano tutte destinate all’insuccesso: onde sembra addirittura ozioso sottoporre a verifica il presupposto, e si ritiene assai più proficuo stabilire come la magia possa sorgere e mantenersi ad onta della ovvia irrealtà delle sue pretese e ad onta degli inevitabili insuccessi a cui sono sottoposte le sue pratiche. Eppure proprio in questo presupposto «ovvio », non meritevole di verifica, si cela in realtà un intreccio di gravissimi problemi, tralasciati e occultati da una pigrizia mentale cosi stranamente tenace da costituire per se stessa un problema.
 
Nella nostra esplorazione del mondo magico noi dobbiamo dunque cominciare col sottoporre a verifica proprio il presupposto « ovvio » della irrealtà dei poteri magici, cioè dobbiamo determinare se e in quale misura tali poteri sono reali. Ma ecco che una nuova difficoltà si fa innanzi, complicando estremamente ciò che sembra in ultima analisi una modesta quistione di fatto, un semplice problema di accertamento. Quando ci si pone il problema della realtà dei poteri magici, si è tentati di presupporre per ovvio che cosa si debba intendere per realtà, quasi si trattasse di un concetto tranquillamente posseduto dalla mente, al riparo da ogni aporia, e che il ricercatore debba « applicare » o meno come predicato al soggetto del giudizio da formulare. Ma per poco che l’indagine venga iniziata e condotta innanzi, si finisce prima o poi col rendersi conto che il problema della realtà dei poteri magici non ha per oggetto soltanto la qualità di tali poteri, ma anche il nostro stesso concetto di realtà, e che l'indagine coinvolge non soltanto il soggetto del giudizio (i poteri magici), ma anche la stessa categoria giudicante (il concetto di realtà).


Ernesto De Martino, Il mondo magico. Prolegomeni a una storia del magismo, Bollati-Boringhieri, 2010 (ed. or. Einaudi, 1948), pp. 9-10, sottolineature in rosso mie, il commento in blu tra parentesi quadre è mio.

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