Caratteri dell'antica religione romana e preoccupazione delle autorità per gli influssi razionalistici di provenienza greca

I Romani hanno un rapporto pragmatico con il divino: non importa tanto conoscere le divinità quanto controllarle. Gli dèi non hanno in mano il destino dell'uomo, sono però più potenti dell'uomo e quindi possono intralciarne i piani. L'uomo deve imparare a conoscere il volere degli dèi per non rimanerne ostacolato, deve cogliere il momento opportuno per agire, propiziarsi il favore degli dèi, eventualmente anche scendere a patti con loro. La religione romana non racconta la storia degli dèi, ma insegna a guardarsi da essi: il rito è più importante del mito, l'uomo deve continuamente stabilire ciò che è fas e ciò che è nefas. Pertanto presta grande attenzione ai sacra, cioè ai riti propiziatori di purificazione, e ai signa, che consentono di rintracciare nei fenomeni naturali l'indicazione del volere degli dèi.

Gli Etruschi, esperti nell'aruspicina (arte della divinazione), hanno probabilmente influito molto su questi aspetti della mentalità romana e dai riti etruschi i Romani primitivi hanno imparato a muoversi nel sinistro mondo religioso che ha caratterizzato la fase più antica della religione romana.

L'origine di questa mentalità è antica. La religione dei primi abitatori di Roma era di tipo animistico: spiriti senza nome, volontà ostili popolavano un mondo oscuro e selvaggio di impronta italica. Le divinità, numina, erano presenti ovunque, presiedevano a qualsiasi attività umana, e l'uomo doveva venerarle nel luogo che occupavano: ad esempio, la Bona Dea era adorata dalle donne sotto una roccia dell'Aventino; boschi sacri, bocche per l'inferno (grotta del Lupercale), mostri (Scylla, la Lupa) erano disseminati per tutto il territorio.

Da questo substrato di religione del terrore, mitigato da apporti di culti indeuropei più sereni, emergono a poco a poco alcune divinità specifiche che, malgrado le origini antiche, saranno dominanti nella storia futura di Roma: Vesta, la dea del focolare, gli dèi Manes, spiriti benevoli dei morti, i Lari, protettori della casa, i Penati, protettori della famiglia. Antico è anche il culto del cielo, Iuppiter, di chiara origine induropea. Da questo quadro complesso di spiriti e divinità emergono, già nella fase arcaica, tre dèi che costituiranno la prima triade divina protettrice del popolo romano: Iuppiter, Mars, divinità agreste spesso impegnata nella guerra, Quirinus, divinità di origine sabina, patrono degli aspetti civili della Roma arcaica.

Essi saranno in seguito sostituiti dalla triade Iuppiter, Iuno, divinità di origine italica poi assimilata alla greca Era, Minerva, in seguito assimilata ad Atena. [p. 31]

La Triade Capitolina: Minerva, Giove, Giunone.

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Anche i progressi delle dottrine filosofiche incontrarono in questo periodo [272-146 a. C.] l'opposizione dei conservatori e del Senato. Se per uso esclusivo di qualche nobile famiglia ellenizzante un poeta come Ennio poteva illustrare in latino qualche spunto pitagorico o evemeristico*, ogni diffusione pubblica di concetti filosofici, che rischiavano di portare al materialismo e allo scetticismo, fu vietata dal Senato. Nel 181 furono arsi sette libri di filosofia pitagorica che si dicevano scoperti in una tomba ai piedi del Gianicolo e si volevano far risalire a Numa Pompilio; nel 173 furono allontanati due filosofi epicurei e nel 155 - specialmente per intervento di Catone - furono rinviati senza indugio ad Atene gli ambasciatori filosofi Carneade accademico, Diogene stoico e Critolao peripatetico, perché la gente aveva mostrato di prender troppo gusto alle loro conferenze abilmente dialettiche e demolitrici.

Tutti questi provvedimenti, come sempre accade in casi del genere, erano del tutto impotenti dinanzi al moto naturale della coscienza romana in evoluzione. I personaggi tragici declamavano sulla scena le idee razionalistiche e antiprovvidenzialiste di ispirazione euripidea, e la commedia palliata esemplificava il potere della capricciosa dea Fortuna negli accadimenti umani. Il vincitore di Pidna, L. Emilio Paolo, portava a Roma la biblioteca del vinto Pèrseo e sceglieva per i suoi figli educatori greci. Pure nel 167 veniva a Roma, fra gli ostaggi achei, il greco Polibio, destinato a divulgare una storiografia antiteologica e pragmatica. Si gettavano così i semi della fioritura filosofica della generazione seguente. [p. 48]

 


P. Frassinetti - L. Sciolla - M.T. Sciolla, Letteratura latina: storia e testi. Le origini e l'età repubblicana, Minerva Italica, 1998, le aggiunte tra parentesi quadre sono mie, la nota in calce è mia.


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* L'evemerismo è una teoria antica sull'origine della religione in cui gli dèi venivano concepiti come personaggi illustri in seguito divinizzati.


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