Le eresie dualistiche medievali

[Qualche estratto dal libro di Raoul Manselli, L'eresia del Male, Morano, 1963. I titoli son miei]

Il castello di Montségur, roccaforte catara dei Pirenei


Adamo ed Eva nella concezione manichea

La prima coppia umana è [...] nel mito manicheo, la realizzazione di un piano diabolico, mirante a perpetuare la prigionia della luce nella materia per mezzo della lussuria e della colpa, che, nella riproduzione e nella moltiplicazione degli individui, divide e disperde sempre più nei singoli esseri umani le parti di luce, rendendone così sempre più complicata e difficile la salvezza. Il corpo umano perciò è di sostanza diabolica, giustificando quindi l'odio dei Manichei per la corporalità, per il sesso, per la riproduzione degli uomini. [p. 42]


...e in quella bogomila (Interrogatio Johannis)

Creati i due sessi e creato il Paradiso terrestre, Satana vi pose i due primi uomini proibendo loro di mangiare del frutto dell'albero del bene e del male.

Poi, accesa Eva d'ardore di concupiscenza, le fece insegnare il peccato carnale da un serpente, sua creatura che aveva nascosto nel cavo di una canna del Paradiso. La stessa concupiscenza Satana accese in Adamo che generando da Eva gli uomini detti perciò «figli del serpente e figli del diavolo» perpetuò di secolo in secolo il regno di Satana. [p.83]

 

I capisaldi del catarismo nella versione dualistica moderata

Di contro a Dio, il Dio vero essi precisano, prima di ogni temporalità, s'era levato nella sua superbia Lucifero, che era stato precipitato perciò giù dal suo trono fra gli angeli, trascinandone molti con sé nella sua caduta ed era divenuto perciò il creatore di tutte le cose visibili e corporee in cielo e in terra.

Tutto quanto si legge su Cristo - aggiungono - è del tutto falso e fittizio, perché un corpo creato dal diavolo giammai avrebbe potuto essere unito al Verbo del Signore.

L'espressione non è molto perspicua, ci permette tuttavia di renderci conto che essi, in perfetta aderenza a quelle che sono le idee dei dualisti moderati, affermavano che Cristo non aveva avuto un corpo materiale ma spirituale.

Passando ai sacramenti essi rifiutavano l'eucaristia [...] ed al battesimo, che, in ogni caso non poteva essere amministrato a dei neonati, sostituivano l'imposizione delle mani. Negavano poi l'utilità delle elemosine che non fossero fatte ai loro fedeli ed accusavano la Chiesa di predicare la penitenza dei moribondi e le preghiere per i morti solo per ricavarne un guadagno pecuniario.

Veniva condannato il matrimonio, ma consentito il commercio sessuale, senza porvi nessun limite di parentela e di sangue [...]

Ancor più grave è una conclusione che ricavavano dalla dottrina della creazione corporea come opera diabolica: le madri, appena concepita la prole o dopo averla appena partorita, dovevano subito ucciderla. Ancora una volta, in tutta la sua tragica e disumana realtà, ci si mostra l'odio cataro alla vita ed alla propagazione dell'esistenza umana [...]

[...] per i dualisti moderati Dio ha creato la materia e il diavolo l'ha soltanto ordinata, mentre [...] per i radicali il diavolo era, ad un tempo, creatore e ordinatore della materia. [...]

Il diavolo [...] aveva fatto Adamo dal limo della terra e vi aveva rinchiuso, a forza, un angelo della luce. Creata Eva, era giaciuto con lei; da questo connubio era nato Caino, mentre dall'unione tra Adamo ed Eva era poi nato Abele, ucciso a sua volta da Caino. Dalle figlie di Eva e da demoni nacquero poi i giganti, che seppero dai loro padri che il diavolo aveva creato tutte le cose: era in tal modo svelato l'inganno diabolico che mediante la creazione degli uomini e la loro propagazione mirava a tener prigioniero l'angelo della luce, che era stato imprigionato in Adamo. Il diavolo perciò [...] si pentì d'aver fatto l'uomo e pensò quindi di distruggere il genere umano: salvò soltanto Noè, perché ignorava la sua origine demoniaca. Per queste premesse tutta la storia del Vecchio Testamento viene spiegata come attività del diavolo: la traslazione di Enoch, tutte le vicende dei Patriarchi ed i loro colloqui con Dio sono quindi diabolici; opera diabolica anche la rivelazione di Dio a Mosè nel roveto ardente, i miracoli fatti al cospetto del Faraone, l'esodo, l'attraversamento del Mar Rosso, la consegna della Legge.

Su questo piano di condanna di tutti i personaggi del Vecchio Testamento, sono ancora creature diaboliche Davide, adultero ed omicida, Elia, portato in cielo dal diavolo, l'Angelo che parlò a Zaccaria, padre di s. Giovanni Battista e lo stesso Battista.

Il Buonaccorso [ex cataro poi convertitosi e autore di una Manifestatio heresis Catharorum, vero e proprio manuale ad uso degli inquisitori per la conoscenza delle dottrine catare] passa poi a parlare di Gesù Cristo, che, secondo il mito dei dualisti moderati, non ebbe corpo umano, non mangiò, nn bevve, né compì nessuna azione umana, pur dandone l'impressione. Nell'ambito di questa sua realtà angelica finisce per essere svalutato tutto quanto ha a che fare con la realtà umana e materiale di Gesù [...]

Molto lontana nel tempo, come sappiamo, è invece la condanna del culto della Croce, che questi catari chiamavano il segno della bestia apocalittica. Due proposizioni brevi , ma essenziali, riguardano l'atteggiamento verso la Chiesa. I Catari, secondo Buonaccorso, sembrano accettarla fino a papa Silvestro, quello ben noto della donanzione di Costantino; ma da Silvestro, vero e proprio Anticristo, essa è del tutto dannata [...]

A questa condanna della gerarchia ecclesiastica si affianca, no meno netta e decisa, quella della tradizione patristica fondamentale ed essenziale, compendiata nei quattro grandi maestri: Gregorio, Ambrogio, Agostino e Girolamo, in cui la Chiesa latina sentiva i suoi più saldi sostegni.

Passando alle dottrine morali il Buonaccorso rende nota la condanna del matrimonio, il divieto di cibarsi di carne o uova o formaggio o alcunché di natura volatile e animale, il rifiuto di prestare il giuramento.

Per quel che riguarda i sacramenti [...] non credono che nessuna sostanza possa trasformarsi nel corpo di Cristo e, rifiutando il battesimo dell'acqua, sostengono che nessuno possa salvarsi senza imposizione delle mani, che chiamano battesimo e rinnovazione dello spirito Santo. Infine il Buonaccorso ci dà notizia di una singolare dottrina [...] perché non risulta che sia stata professata fuori d'Italia: credono cioè che il sole sia il diavolo e la luna Eva e che ogni mese pecchino come un uomo con una meretrice. Credono inoltre - ma questa credenza non è una singolarità - che tutte le stelle siano demoni.

Infine credono che non vi sia salvezza fuori della loro comunità.

[...] sostengono che a nulla serve pregare per i morti o fare per loro opere buone, negano del tutto la Comunione dei Santi e cioè che i Santi i quali già si sono addormentati in Cristo possano pregare per noi o per qualcun altro vivente nel mondo. Aggiungono poi che dopo la morte si ha subito il premio o la pena, senza dover passare per nessun purgatorio e precisano che nella eterna gloria tutti hanno lo stesso godimento come nell'inferno tutti soffrono in egual modo. [pp. 178-183]


La visione teologica di Giovanni di Lugio (dualismo radicale) e l'impossibilità della conciliazione dell'esistenza di un unico principio con quella del male

Egli [G. di Lugio] [...] all'inizio della sua opera [il Liber de duobus principiis], con un intreccio di passi biblici e di motivazioni razionali, indubbiamente fatto con abilità, si preoccupa di affermare la inconciliabilità assoluta tra Dio, inteso come Bene assoluto e perfetto, ed il male.

Poiché poi, da parte cattolica, come dei suoi stessi compagni di fede seguaci del dualismo moderato si sosteneva che la presenza del male nel mondo era stata resa possibile dalla libertà d'arbitrio degli angeli, egli ne sostiene la negazione, proprio e specialmente presso gli angeli: in particolare egli pone in rilievo la impossibilità metafisica ed insieme psicologica, per gli angeli, di poter, nella vicinanza ed al cospetto di Dio, bene supremo, esser capaci di far il male, ed, insieme, di poterlo desiderare. «E così sembra manifestamente che gli angeli buoni avrebbero potuto scegliere il bene a loro simile, che era ab aeterno, più che rifiutarlo e scegliere il male che non esisteva, come non esisteva la sua causa, secondo la fede dei nostri avversari, sebbene ciò sembri impossibile e cioè che qualcosa possa cominciare senza causa.» Il male è dunque possibile solo perché c'è un altro principio.

Un'argomentazione analoga è trasferita dagli angeli alla creazione, mentre il problema della origine del male, che era stato visto prima e fuori del tempo, viene ora esaminato sotto l'angolo di visuale del mondo e della sua realtà: sulla base di quanto egli ha già detto, e cioè dalla incapacità che dalla mano di Dio esca qualcosa di male, ammette che Dio possa esser creatore, ma soltanto di quello che c'è nell'universo di buono, di immune dalla sofferenza e dal dolore, mentre nel resto si limita soltanto a permettere, spesso frenando o guidando, l'opera del dio malvagio.

Egli conclude quindi affermando che la dolorosa realtà del mondo si può solo spiegare perché «vi è un principio del male, che è potente nelle iniquità da cui derivano propriamente e principalmente il potere di Satana e delle tenebre e di tutte le altre potestà, che son contrarie al Signore Iddio vero. Altrimenti la stessa divina potenza sembrerebbe attaccare e distruggere e combattere contro se stessa...; le virtù e le potenze del Dio vero per se stesso ogni giorno si farebbero opposizione, se non vi fosse nessun'altra potenza se non la sua, il che è cosa stupidissima credere del vero Dio. Ne consegue poi senza dubbio, che vi sia un'altra potenza, un'altra potestà non vera, che il Dio vero si sforza ogni giorno d'attaccare». [pp. 208-10]


Norme e prescrizioni

Viene a tutto il Catarismo, nelle sue varie forme, l'esigenza d'una crudele, ma inevitabile negazione della vita, che trovava l'espressione nelle norme morali e nei riti religiosi, che per essere comuni a tutti i gruppi catari, verranno qui ricordati insieme.

Un primo gruppo di norme riguardava l'astensione da alcuni cibi, che possono genericamente indicarsi come cibi formati in conseguenza di una unione sessuale, quindi carne, uova, latte e formaggio. È questa una classificazione di cibi, per cui vigevano vecchie proibizioni dai tempi del monachesimo più antico, ma solo per esigenze di mortificazione e di disciplina ascetica.

Non sappiamo però se la norma dell'astensione da questi cibi sia stata ricavata dalle vecchie disposizioni monastiche o se trovi la sua spiegazione, del tutto autonoma allora, solo nell'ambito delle dottrine catare e della loro accanita ostilità contro tutto quanto potesse riferirsi al sesso ed alla riproduzione. Certo essa era già viva ed operante in seno al Bogomilismo ed è senz'altro testimoniata anche per gli episodi più antichi del Catarismo.

Entro l'ambito della spiegazione più generale dell'odio alla vita ed alla riproduzione i Catari indicavano poi, talvolta, delle ragioni più particolari e precise. Fra tutte, sconcertante perché riprenderebbe in pieno il mito manicheo della tentazione degli arconti, quella che riferivano i gruppi catari, probabilmente italiani, di cui parla la Summa attribuita a s. Pietro Martire. Per costoro, quando fu fatta in cielo la gran battaglia fra gli angeli del Dio buono e gli angeli di Satana, v'erano lassù delle donne pregnanti che per la paura e per la rotazione vertiginosa dei cieli abortirono. Cadute le loro creature sulla terra con le loro carni furon fatte quelle delle bestie e degli uccelli, che non vanno quindi mangiate perché originariamente formate di carni umane.

Se questa dottrina fu probabilmente limitata a qualche gruppo ristretto, che ispirandosi forse a s. Agostino, aveva adattato al loro mito della battaglia in cielo, quello manicheo degli aborti degli arconti femmine, fra i catari radicali compare, contro l'uso dei cibi carnei, la motivazione caratteristica che negli animali potevano essere incluse ad espiare delle anime umane.

Più in generale e diffusa la giustificazione che quei cibi non van mangiati perché immondi essendo conseguenza di una colpa.

Né sembri incongruenza il consenso accordato all'uso dei pesci: gli uomini del Medio Evo ne ignoravano la bisessualità e ritenevano inoltre che non avessero il sangue per il quale si caratterizzava la natura animale.

Accanto a questa proibizione riguardante i cibi, s'affiancavano una serie di digiuni; tre giorni durante la settimana, in cui si mangiava solo pane ed acqua il lunedì, mercoledì e venerdì, mentre tre lunghi periodi di digiuno di quaranta giorni si avevano prima di Natale, prima di Pasqua e dopo Pentecoste. Nella prima e nell'ultima settimana si digiunava per tutti i giorni a pane ed acqua, nelle altre solo per tre giorni.

Queste astensioni dal cibo carneo e questi lunghi digiuni volevano anche creare lo sfondo psicologico ed ascetico per quello che nei perfetti Catari costituiva il culmine dell'ascetismo, l'astensione più completa da ogni atto sessuale. Quest'ultimo, nell'ambito della religiosità catara era il più grave peccato, non solo da un punto di vista morale, ma specialmente in conseguenza delle dottrine cosmologiche della loro fede. In una realtà spirituale tutta orientata verso la negazione della vita, nella considerazione della sessualità come il culmine della più sottile e perfida tentazione diabolica, l'unione carnale, anche nel matrimonio, finiva con l'assumere il significato di una negazione attiva di Dio, d'una operante bestemmia contro di Lui.

Strettamente connessa con la proibizione dell'unione carnale è anche la negazione del matrimonio, contro il quale i Catari lanciavano le ingiurie più atroci, chiamandolo lupanare privato e prostituzione legalizzata, condannandolo con asprezza accanita anche perché oltre l'unione sessuale autorizzava e facilitava la nascita della prole e la riproduzione umana, prolungando così la prigionia degli angeli nella materia e ritardando il momento della libertà di tutti gli spiriti.

Tipiche dell'eresia catara, perché presente fra i Bogomili più tardi che in Occidente, il rifiuto del giuramento e la condanna del sangue, sia nell'aspetto più ovvio e facile dell'omicidio, sia in quello della condanna a morte e della guerra.

Poiché non si tratta di dottrine che possano dirsi logicamente conseguenti ad una dottrina dualistica, vanno allora piuttosto ricondotte al clima generale della spiritualità latina dei secoli XII e XIII, in cui il Catarismo si inserì portandovi tutto il peso della sua presenza ed assorbendo quanto poteva completare ed arricchire la propria realtà religiosa.

Attinse perciò al diffuso evangelismo, che affiorava fin dal secolo XI affermandosi dovunque vigorosamente in Italia, in Francia ed in Germania, proprio il precetto evangelico di non giurare, che fa parte del bagaglio di quasi tutte le eresie non catare dell'epoca, insieme, sempre, e non è certo coincidenza casuale, con l'altro del divieto di versare sangue, anche se per motivi legali. Né questo imprestito è privo di significato storico, se noi porgiamo attenzione al fatto che esso ha avuto luogo non sul piano delle idee e delle dottrine, dove in realtà l'opposizione si rivelò spesso inconciliabile, ma sull'altro invece dell'attuazione di quel Vangelo al quale il Catarismo e i movimenti evangelici facevano a gara nel richiamarsi.

Orientati invece in direzione del tutto opposta son Catarismo ed evangelismo nei riguardi dei problemi della ricchezza e del denaro.

Legati i Catari al mondo del lavoro, ossessionati specialmente dalle colpe sessuali connesse col mondo del loro dualismo non sentivano essenziale al loro ideale di perfezione la povertà che tanta importanza finì per avere nelle altre eresie culminate nel Valdismo. Anche i perfetti catari perciò guadagneranno, trafficheranno, accetteranno aiuti in denaro, non esiteranno talvolta persino a praticare l'usura, che essi permettevano senz'altro a tutti i loro fedeli con grande scandalo dei Cattolici. Né mancò qualche caso di vero e proprio controllo dei fedeli per mezzo del denaro, come il caso di quel «perfetto», trasferitosi poi in Linguadoca dall'Italia con trentamila aghi, che li vendette a un suo compagno di fede e che, non potendo da lui esser subito pagato, ottenne la cauzione da un diacono.

Queste norme che, tranne la pratica della povertà, sono d'un rigore e d'una severità estrema, anche perché una sola loro trasgressione comporta, come vedremo, la rottura che lega, dopo il consolamento, il perfetto a Dio, non potevano certo esser tradotte in pratica dalla massa assai grande dei fedeli, che aderiscono alle varie chiese catare.

Esse eran perciò obbligatorie solo per i «perfetti», per coloro cioè che intendevano attuare pienamente l'ideale cataro, mentre avevan valore di esortazione e di consiglio per la più gran parte dei loro seguaci, i cosiddetti «credenti».

Ma chi erano i «credenti», chi i «perfetti»?

Questa domanda esige dunque che si ponga il problema delle Chiese catare, intese non come gruppi di fedeli legati da un'idea religiosa, ma come struttura nella quale i fedeli venivano accolti, in un'ordinata e precisa distribuzione di compiti e di attività spirituali.

Per ben rendersi conto della struttura delle Chiese catare occorre prima di tutto ricordare, come del resto ben ci insegna proprio Ranieri Sacconi nel suo sguardo d'insieme sul Catarismo, che i veri e propri Catari erano unicamente e solamente i perfetti, mentre tutti gli altri erano solo aderenti all'eresia, i così detti credenti.

Quale fosse il rapporto tra perfetti e credenti ci viene indicato da una massa assai grande di documenti, che per essere d'origine inquisitoriale, non sono perciò meno validi ed importanti: in breve può essere paragonato a quello che, nella Chiesa cattolica, è il rapporto tra i fedeli e il clero, c'è in più però, anche, quel particolare senso di devozione e di trasporto, che veniva dalla segretezza, con cui venne ben presto praticata la fede catara, che dava come un'impressione, a tutti, di mistica comunione, e, insieme, di santa complicità.

Il credente infatti aderiva al Catarismo, con un patto che si diceva, in provenzale, convenensa e che consisteva in una specie di accordo per cui il fedele si impegnava ad aiutare con danaro e con offerte di cibo i perfetti, offrendo loro anche asilo ed ospitalità ed aiutandoli nei loro trasferimenti da un posto all'altro. Veniva perciò ammesso ad ascoltare l'istruzione religiosa, che era per lo più di argomento esortativo-morale, ricavato dai Vangeli e, in genere, dal Nuovo Testamento. Si impegnava infine a ricevere in punto di morte il sacro rito del consolamentum che gli otteneva la immediata salvezza.

La fama di santità, che circondava i perfetti, di solito ben meritata, e la certezza che essi fossero, come vedremo, la presenza in terra dello spirito Santo, accordavano loro un rispetto profondo e, a quel che ci risulta, sincero. [pp. 226-231]


Il martirium e l'endura

Anche mangiando un solo uovo [...], e sempre che ne fosse stato consapevole, il perfetto rompeva, per così dire, il suo legame con Dio e doveva ricevere di nuovo il consolamentum: ma altra e più grave conseguenza della sua colpa era il fatto che con lui perdevano la Grazia di Dio tutti gli altri che egli aveva consolati. E quanto ciò fosse importante e vivacemente sentito lo prova proprio l'intricato succedersi di eventi, che seguì la venuta di Niceta-Nichinta in Occidente: proprio per una sua colpa di lussuria e poi per quella di Garatto, entrò in crisi e si divise il catarismo italiano.

Si spiega così, per questa preoccupazione, il fatto che si aveva l'abitudine di farsi «consolare» più volte e che si desiderava presenti al rito il maggior numero di perfetti. In questa atmosfera, che in qualche modo doveva diventare ossessiva, si spiega come possa essersi mantenuta qua e là, la pratica di quel martirium, e cioè di quel suicidio-omicidio rituale che dagli eretici di Monteforte in poi ha caratterizzato il radicale esasperato odio alla vita dei rigoristi dell'Occidente latino prima, e poi dei Catari.

Abbiamo già ricordato nel secolo XII, il gruppo eretico di Moissac, ma verso il 1240 Giacomo de Capellis, nella sua opera contro i Catari ci riferisce la notizia che secondo la fama pubblica, gli ammalati, dopo che avevan ricevuto l'imposizione delle mani, venivano soffocati per renderli martiri o confessori. È vero che onestamente egli aggiunge di non aver mai incontrato una pratica così orrenda, ma ciò non vuol dire che la sua esperienza valga per tutto il Catarismo e per tutte le Chiese catare. Inoltre verso il 1260 il cosiddetto anonimo di Passau ci attesta questa terribile usanza: fra i Catari, a chi era in punto di morte si chiedeva se voleva finir la vita da martire o da confessore. Se accettava d'esser martire, veniva ucciso per soffocazione con un apposito panno; chi preferiva d'esser confessore, era lasciato morir di fame dopo l'imposizione delle mani. È  una testimonianza questa, che trova riscontro appunto negli eretici di Moissac ove accanto al martirium c'è appunto l'imposizione delle mani, mentre la morte per inedia ricorda la più ben nota endura. Questa, del resto, era certamente anteriore, contrariamente a quello che si è creduto, alla fine del secolo XIII, quando la si trova in uso in piena luce e con fierezza nella Provenza evangelizzata da Pietro Autier: un caso d'endura ebbe certamente luogo a Pavia nel 1275.

Alla base di questo rito che indicava tutta la sua originaria asprezza, la consapevolezza catara, che solo nel dolore e nella morte poteva esserci la liberazione più completa, perfetta ed immediata dal male, c'era anche la preoccupazione pratica che i malati, per un'eventuale guarigione, dopo aver ricevuto il consolamentum, non riuscissero a vivere secondo le norme prescritte ai perfetti e finissero o col cadere nel peccato o col ritornare al cattolicesimo. [pp. 238-240]


Raoul Manselli, L'eresia del male, Morano, 1963

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