Tommaso, Occam, Lutero e l'atteggiamento della Controriforma nei confronti del peccatore

[Ho riletto con gusto il lavoro di Pino Lucà Trombetta sul pensiero della teologia cattolica controriformistica nei confronti dei peccati di lussuria. Traccio qui una sintesi della pp. 9-19, in cui l'Autore illustra alcune delle posizioni della teologia medievale e moderna sul problema del peccato]

https://m.media-amazon.com/images/I/71gsAdczLBL._AC_UF1000,1000_QL80_.jpg


Nella visione di Tommaso d'Aquino vi è lo sforzo di integrare natura e Rivelazione nella speculazione teologica. Il mondo è visto come essenzialmente buono, anche se indebolito dal peccato originale. La ragione può integrare e approfondire il messaggio delle Sacre Scritture, poiché Rivelazione e diritto naturale fanno parte di una sola realtà.

In Occam abbiamo la ripresa di temi agostinani. La ragione, corrotta dal peccato originale, non può accedere all'intelligenza del soprannaturale. Ne deriva una separazione netta tra Verità rivelata e mondo empirico. La ragione può solamente essere impiegata per la realtà empirica e per la valutazione dell'azione morale. Per Occam non esiste un diritto di natura: l'uomo è tenuto ad obbedire alle leggi divine e umane senza domandarsene le finalità. In questo può scegliere ed è assolutamente responsabile delle sue azioni. Tuttavia non può mai essere sicuro che la sua condotta sia gradita a Dio. Da questo empasse prende le mosse Lutero.

Lutero, monaco agostiniano, è tormentato dal problema della salvezza. La soluzione occamista genera l'angoscia del credente scrupoloso. Egli l'abbandona per la giustificazione per fede: solo la fede e l'abbandono in Dio può salvare l'uomo peccatore e incapace di compiere il bene. L'arbitrio è servo e in quanto tale incapace di obbedienza alla legge.

Alle tesi di Lutero si contrappone il pensiero della Controriforma, che aderisce all'occamismo ma riprende anche Tommaso per l'uso della ragione ai fini della salvezza. Il peccato non è più concepito esclusivamente come fatto compiuto, ma è già in atto nelle prime pulsioni e nelle intenzioni che lo precedono:

L'ottimismo di ispirazione tomista, che esaltava le capacità umane di distinguere e scegliere il bene, coniugato con il volontarismo che valutava i singoli atti di volontà, portò la teologia cattolica ad esasperare la responsabilità individuale: l'uomo doveva, sotto pena della dannazione, considerarsi colpevole di ogni cedimento, di ogni segreta disobbedienza alle leggi divine o umane. [pp. 16-17]

In età moderna il lavoro teorico e gli sforzi dei manualisti sembrano complessivamente orientati a spostare il nucleo della confessione sulla denuncia degli atti interni della volontà piuttosto che sulla semplice verifica delle azioni compiute. A ciò spingeva innanzi tutto il nuovo vigore che la teoria volontarista del peccato acquistò in seguito anche all'opposizione che ad essa fece il luteranesimo. Era ormai verità inconfutabile il principio, elaborato dalla scolastica medievale, che il peccato consiste nell'atto interno della volontà rispetto al quale il fatto empirico che eventualmente l'accompagna assume rilevanza secondaria. [p. 19]


Pino Lucà Trombetta, La confessione della lussuria. Definizione e controllo del piacere nel cattolicesimo, Costa & Nolan, 1991.



 

Commenti